Narra una leggenda popolare che il corpo del pastorello ucciso da Polifemo si sia smembrato in nove parti cadute dove poi sono state fondate Aci Bonaccorsi, Aci Castello, Aci Catena, Aci Platani, Acireale, Aci S. Filippo, Aci S. Antonio, Aci S. Lucia ed Aci Trezza. La costa viene anche chiamata Riviera dei Ciclopi.
 

I Ciclopi sono figure favolose della mitologia greca, di statura gigantesca e fornite di un solo occhio in mezzo alla fronte (propriamente dal greco kuklops = dall'occhio rotondo).

In epoca arcaica gli antichi mitografi distinguevano tre stirpi di ciclopi: i figli di Urano e Gaia (il Cielo e la Terra), che appartengono alla prima generazione divina dei Giganti; i Ciclopi "costruttori", che avrebbero costruito tutti i monumenti preistorici che si vedevano in Grecia, in Sicilia e altrove, costituiti da blocchi enormi il cui peso e dimensione sembravano sfidare le forze umane (le "mura ciclopiche"); e i Ciclopi "siciliani", compagni di Polifemo, di cui narra Omero. Odisseo si scontrò con Polifemo e riuscì a fuggire dalla sua caverna coi compagni superstiti, solo dopo avergli accecato nel sonno il grande occhio con un palo arroventato.

E' ipotizzabile che nell'Ellade dell'epoca primitiva con il nome di Ciclopi si indicassero i membri di una sorta di associazione di fabbri ferrai che avevano, tatuati sulla fronte, dei cerchi concentrici, allusivi alla potenza del sole, fonte primigenia del fuoco che alimentava le loro fucine. E la fucina nelle viscere dell'Etna non fa altro che spiegare la periodica fuoruscita di fumo e fuoco dalla bocca del vulcano.

I Ciclopi siciliani sono gli artefici del fulmine di Zeus, per questo motivo incorsi nell'ira di Apollo, il cui figlio Asclepio - dio della medicina - aveva risuscitato alcuni morti ed era stato pertanto fulminato da Zeus. Sono anche i fabbri degli dei, sotto la direzione di Efesto dio del fuoco, ai quali forniscono le armi. Abitano la Sicilia e le Eolie, in caverne sotterranee dove i colpi delle loro incudini e il loro ansimare fa brontolare i vulcani della zona, mentre il fuoco della loro fucina arrossa la cima dell'Etna. Omero li descrive come esseri selvaggi e giganteschi, muniti di un solo occhio al centro della fronte e dotati di forza smisurata, che allevano montoni, vivono allo stato di natura selvaggia e praticano l'antropofagia.

Virgilio nell'Eneide riprende in un certo senso dove l'Odissea aveva lasciato, quando i Troiani, sotto la guida di Enea, approdano in Sicilia e incontrano l'atterrito Achemenide, un compagno di Ulisse rimasto per sbaglio sull'isola, e Polifemo, avvertita la loro presenza, chiama a gran voce gli altri Ciclopi per catturarli.

Anche il dramma satiresco di Euripide, il Ciclope, è imperniato sulla figura di Polifemo, e in un idillio di Teocrito il gigante si umanizza in un giovane rozzo ma sentimentale, innamorato di Galatea. L'arte antica ha raffigurato Polifemo, sia nella scena dell'accecamento, sia in quella della fuga di Ulisse; e nel periodo ellenistico è rappresentato anche l'episodio di Galatea.

http://www.sullacrestadellonda.it/mitologia/ciclopi.htm